domenica 31 agosto 2014

Una tradizione

É una tradizione che, dopo le rispettive vacanze, la famiglia allargata Pinkytos-Capellipazzi si ritrovi per mangiucchiare qualcosa all'aperto in allegria, per raccontarsi, ritrovarsi, trovare le cose diverse eppure uguali a come le si erano lasciate.
É una tradizione che, il giorno del rientro in città, uno dei nani (lo scorso anno era toccato al Morby, caduto dal seggiolone, ieri é stata la volta del Banana, caduto dal passeggino) faccia una visita guidata del Pronto Soccorso, fortunatamente rapida e indolore.
É una tradizione al rientro che Mamma Pinkytos e Mamma Polly Capellipazzi si aggiornino progressivamente e freneticamente,  via sms, sul numero delle lavatrici fatte e su quelle da fare, sul numero dei sacchi di immondizia riempiti ecc., cose cosí, cose da donne.
É una tradizione che le mamme, non appena si ritrovano dopo le ferie, facciano un sacco di buoni propositi tipo camminare, dimagrire, fare sport, organizzare un'uscita al femminile una vokta alla settimana. 
É una tradizione che le suddette mamme, alla fine di settembre,  risucchiate dai ritmi frenetici e dalla routine, non si ricordino neppure uno deu loro buoni propositi.
É una tradizione che i nani, prima due e poi quattro, il giorno della rimpatriata giochino, si abbraccino, si bacino, si menino, come  succede ai fratelli.
Questa sera la famiglia allargata ha rispettato la tradizione trovandosi al parco per una pizza di benvenuto.
Ma il tempo passa e i nani, che erano due e sono diventati quattro, questa sera erano soltanto due, il Morby e il Banana che si inseguivano, si baciavano e si spintonavano come nella migliore tradizione.
All'appello mancavano il Minty e Baby Lila, due cinquenni in giri per il mondo, con i loro occhietti vispi e il sacco a pelo a forma di tigrotto.
Uno dai nonni, l'altra dagli zii.
Mamma Pinkytos ha chiacchierato, inseguito il Morby bici-munito, mangiato una pizza alle noci.
Ma le mancava qualcosa. Quel nanetto infilato nel suo pigiama dei Sette Nani a una sessantina di km da qui.
Il rientro non é completato se i ranghi sono ridotti.

3 commenti:

  1. ogni tanto capito qui e vedo che perseveri nella diffusione degli stereotipi di genere: lavatrici e relativi commenti come cose da donne, ecc. Da quanto mi pare di capire nonostante gli ineffabili soprannomi mi pare tu abbia dei figli maschi, spero non li educhi di conseguenza (a pensare, cioè, che esistano cose da donna e cose da maschi veri)
    viola

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  2. Credo che i figli si educhino più con l'esempio che con le parole. E i miei figli hanno un padre che pulisce i pavimenti, fa i letti, sparecchia e cucina. Ma a lavare e a stirare ci penso io. Non è una questione di stereotipi di genere, ma semplicemente la nostra organizzazione famigliare che, temo, non sia facilmente sovvertibile in nome della parità dei sessi. Per mio marito il ferro da stiro è uno sconosciuto, ma per il resto se la cava egregiamente in tutto e per tutto, anche con due bambini.
    Quanto alle cose da donne (parlo sempre per esperienza personale) cui facevo riferimento nel post, non ho mai sentito uomini (per quanto moderni e rispettosi della parità e della dignità delle loro compagne) conversare al telefono di panni sporchi e lavatrici. Di donne invece ne ho sentite parecchie. E non si tratta di discorsi retrivi o stereotipati. Sono cose di tutti i giorni. Che male c'é?
    Quanto ai soprannomi invoco la libertà di espressione, che è il primo segno di civiltà e di apertura verso gli altri, tutti gli altri.

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  3. c'è "di male" che se tu scrivi "cose da donne", parlando di panni e lavatrici, rafforzi uno stereotipo di genere: magari, evitandolo, e con l'esempio, certo, piano piano (piano, eh) tra qualche millennio anche gli uomini parleranno di panni e lavatrici, addirittura come se fosse una cosa normale! ciao

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